Credo che bisognerebbe valutare le vite delle
persone in base al successo delle loro vite sociali
telematiche. Identificare il fallimento in una foto infelice o in un luogo di
vacanza non esotico, inquadrare il successo, attribuirgli un valore numerico e poi
avvicinarlo a un sostantivo o un’espressione di uso comune: 540 amici, 23 mi
piace, 2000 followers, 70 contatti, 200 collegamenti.
Riconsiderare il concetto di felicità. Privatizzarlo.
Cosi che, uguale per tutti, non sia più difficile comprendere se si è o non si
è felici. Valutare finalmente le vite in maniera oggettiva:
hai una bella fidanzata con la quale hai fatto
tante foto in costume?puoi essere felice; hai ricevuto 40 Mi Piace al tuo status
polemico?100 visite in un giorno per il tuo post tagliente? bene, sii felice.
E non fermarsi alla felicità. Allo stesso
modo, con le stesse linee guida poter giudicare rabbia, tristezza, paura,
competenza musicale, soprattutto il
diritto alla vita. Tutto sicuro, tutto numerabile e classificabile.
Il tempo di aprire un profilo, di sbirciare un
album.
Sette, otto minuti per poter presentare il
proprio bagaglio di esperienze e di successi telematici a persone che possano decidere grazie
alla profondità della propria coscienza se meriti o no di vivere questa vita.
Poi essere liquidati con un sorriso e un “grazie” nerissimo.
Sette, otto minuti sono un tempo più che
sufficiente.
In 480 secondi la tue vacanze al mare da
bambino, i tuoi amici, i tuoi link, la tua ex donna, la tua attuale donna, quello che ti piace, quello che non ti piace,
il tuo senso dell’umorismo, i tuoi studi universitari, la tua squadra del
cuore, la tua famiglia. Le cose più importanti della tua vita ora assumono
senso, solo ora che hanno un voto da 1 a 5, dove 1 rappresenta l’insufficienza
e 5 l’eccellenza.
Per alcuni di minuti ne bastano cinque. Per
altri addirittura tre. Dovremmo rammaricarcene?
Perché dovremmo imporre la vita a qualcuno di
cosi profondamente infelice?o meglio, perché dare all’infelice l’opportunità di
contagiare le nostre esistenze con la sua insoddisfazione?
“Voler essere felice”, non più aspirazione
lamentosa, ma preciso dovere morale.
Sogno
un mondo dove possa vivere soltanto chi abbia successo sotto forma di
profilo, e ci si possa sbarazzare di tutti gli altri.
Cosi, sorridenti, potremo guardarci negli occhi e dirci : “non ci siamo mai sentiti cosi vivi!”.
2 commenti:
http://blog.wired.it/misterbit/2012/02/27/insieme-ma-soli-sherry-turkle-e-i-paradossi-della-tecnologia-parte-seconda.html
Bellissimo libro in cui si parla (Anche) di questa tua provocazione.
Se ti va dal 31 al 7 sono a Napoli, potremmo parlare di questo e del destino del parapescio.
Un abbraccio
Bory
Quanto sei bello Bory!
Ti penso spesso, veramente però!
Mi piacerebbe vederci mo che torni, anche perchè non ci siamo mai riusciti finora, ma sono a Barcellona e almeno per un anno resterò qui. Penso si debba rimandare a natale a sto punto, a meno che non ti trovi a passare da queste parti :D
Il parapescio non ha futuro.
Con tanto pesce,
Bobo
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